lunedì 23 febbraio 2015

Recensione: Lettera a un bambino mai nato di O. Fallaci

Cartaceo: 10.00€
Audiolibro con 4 CD: 19.00€
Rizzoli: 6.00€
Opere di Oriana: 9.30€
eBook: 7.49€
Pag: 112/106

Trama: Il libro è il tragico monologo di una donna che aspetta un figlio guardando alla maternità non come a un dovere ma come a una scelta personale e responsabile. Una donna di cui non si conosce né il nome né il volto né l'età né l'indirizzo: l'unico riferimento che ci viene dato per immaginarla è che vive nel nostro tempo, sola, indipendente e lavora. Il monologo comincia nell'attimo in cui essa avverte d'essere incinta e si pone l'interrogativo angoscioso: basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Piacerà nascere a lui? Nel tentativo di avere una risposta la donna spiega al bambino quali sono le realtà da subire entrando in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà un sogno, l'amore una parola dal significato non chiaro.

Voto: 


Mio parere: Inizia con questo monologo fatto da questa donna (che avvolte mi fa pensare ad Oriana) che fa con il bimbo che porta in grembo. Un monologo che poi porta fino alla fine, tranne in alcuni punti dove parla con il medico, un'altra dottoressa, i suoi genitori, l'amica e il padre del bimbo. Ci sono momenti di gioia, momenti di odio, di tenerezza (amore non vuole che si sfrutti questa frase) e di rabbia. Cambia idea spesso questa donna nel corso del libro, su cosa vuole o non vuole fare con questo bambino. E gli racconta anche un sacco di cose che dovrà fare o vedere, la maggior parte sono tutte negative come le storie che gli racconta sono tutte molto tristi. E questa donna combatte con se stessa, tra il volergli bene a questo bambino e all'odiarlo. Il 3 lo dato perché ci sono cose che non condivido, come l'odio per il bambino perché lei insiste con il fatto che non lo voleva, però non vuole abortire ma nello stesso tempo spera che muoia, le due cose non stanno assieme, e non hanno senso. Non mi piace nemmeno il fatto che sia convinta che la parola amore venga sfruttata anche da una madre per un figlio. Non sono madre, ma sono certa che non è assolutamente vero, anzi secondo me sarebbe brutto se un genitore non dicesse al figlio che dora che lo ama. Condivido però la forza di volontà di stare da sola, di voler lavorare lo stesso, del dire che non ha bisogno del padre che primo dopo l'amica le suggerisce cosa farne. Tristi le prime due storie che racconta molto di più di quella dei militari che davano da lavare i vestiti. Mi riferisco a quella della bambina che guarda l'albero e quella della bambina e la cioccolata. Condivido appieno il fatto che se nasci uomo le cose sono per lo più molto facili, non ti guardano il seno invece che in faccia quando parli, non si sente dire che il lavoro non gli viene dato perché potrebbe rimanere incinto, non si deve truccare per forza, può non depilarsi (queste le ho aggiunte io), non viene visto come una persona utile solo a fare figli e al mantenimento della casa, ci sono meno omicidi da donna all'uomo, non esiste la parola figlio di buon uomo (per intenderci, e per non essere volgari), mentre al femminile c'è ed è anche offensivo. Non farà mai il mestiere più antico del mondo, non si sentirà umiliato in alcuni paesi perché non mette al mondo un figlio, non morirà come in altri perché è di sesso sbagliato. Sì e vero ci sono anche cose che ad uomo non vengono "perdonate" non può stare mano per mano con un amico, e non può piangere se no è un debole per citarne 2, ma tanto sarà SEMPRE visto meglio che un uomo. E da donna, spero di avere due figli maschi un giorno, per quanto mi piacerebbe una bimba, perché almeno avrebbe molte meno umiliazioni. Potrebbe fare un sacco di lavori, alcuni alle donne ancora non sono permessi. Ma sopratutto sarebbe sempre trattato da persona, e non in alcuni casi, da oggetto.

giovedì 19 febbraio 2015

Recensione: Dark eroine - A cena con il vampiro di A. Gibbs

Cartaceo: 14.90€
eBook: 9.99€
Pag: 250

Trama: Nella Londra di oggi è in corso una guerra segreta tra umani e vampiri, e la diciassettenne Violet lo scopre nel modo peggiore: capitando per caso in un vicolo buio dove è in corso una battaglia. Per Violet il destino sarebbe segnato se i vampiri non la riconoscessero come la figlia del segretario alla difesa e non decidessero di tenerla in vita come ostaggio. Violet viene così trasportata nel palazzo principesco e segreto dove vive la corte dei non morti, un mondo al di là della sua più selvaggia immaginazione, affascinante, senza tempo, fatto di palazzi e feste sontuose, dove nulla è vietato... A corte Violet conosce la principessa Layla e il principe Raspar, bellissimo e spietato. Raspar ha sempre considerato gli umani come prede, e Violet lo considera un mostro, ma il destino ha in serbo per loro una sorpresa. Perché l'amore è capace di unire i mondi più lontani, e la passione farà finire Raspar e Violet l'uno nelle braccia dell'altra. Ma come possono amarsi, se le loro razze sono in guerra tra loro? L'unica speranza risiede nella profezia secondo la quale Nove Eroine porteranno la pace tra umani e vampiri. Che sia Violet una di esse?

Voto: 



Mio parere: Violet si trova a tarda notte in una piazza nel bel mezzo di Londra. Sta aspettando una amica, che però tarda ad arrivare, forse si è trattenuta con un ragazzo. Tenta allora di chiamare il padre, ma un interferenza le fa cadere la linea. Ad un certo punto arrivano degli uomini eleganti con un paletto di ferro (mi pare) alla mano, e si mettono in ordine ad aspettare un'altro gruppo di quelli che dovrebbero essere umani, ma sono troppo veloci per esserlo. Succede un macello e Kaspar uno dell'gruppo arrivato dopo non che figura importante della sua specie la nota, e decide di rapirla. Violet scopre ben presto che Kaspar e gli altri ragazzi sono dei vampiri (non vi rovino nulla, se si parla di vampiri qualcuno deve esserlo). E suo padre di Violet è un pezzo grosso che sa della loro natura, ma non è stupido da andare contro di loro, quindi non si precipiterà li tipo eroe dei due mondi per riprendersi la figlia. Alcuni vampiri come Fabian sono gentili con lei, altri come una delle sorelle si Kaspar si rivelerà essere non proprio la persona che è agli inizi. E più passa il tempo e più Kaspar e Violet fanno dei discorsi normali, invece di aggredirsi sempre verbalmente. Chi sceglierà Violet il buon Fabian che l'accoglie e la fa sentire bene oppure Kaspar che tenta sempre di spingerla al limite? e a fine libro sarà ancora umana? Non è stato male, e infatti non vedo l'ora di leggere il secondo libro. Nel terzo o meglio una sorta di Spin-off avremo anche a che fare con un'altra ragazza che non sarà una vampira ma un altra creatura della notte (per citare la Clare). Sì perché non ci saranno solo vampiri in questa saga. Nel primo libro incontriamo anche una figura che però non ci viene svelata. Come sono questi vampiri? vi starete chiedendo. Delle specie di Renesmee nel senso che sì sono vampiri al 100% però possono mangiare cibo, respirano, piangono (o qualcosa di simile), hanno mal di testa, raffreddore ecc (non malattie serie), non si definiscono immortali, invecchiano più lentamente, possono avere figli, i bambini hanno già i canini. Alcuni vampiri ci nascono altri lo diventano. Qui vengono ci sono anche i Dampiri quello che poi sarebbe Nessie, ma in questo caso ne vedremo uno morso, non nato da un genitore umano e uno vampiro. Che non avrà poi chissà che differenze dagli umani, se non una veloce guarigione, e direi una vista più acuta. Violet come sempre è simpatica come un gatto attacco alle tende, ma c'è di molto peggio, per cui si sopporta anche.


martedì 17 febbraio 2015

Chi ben comincia 44°

Questa rubrica e stata inventata da Ale del blog Profumo dei libri.

Le poche regole della rubrica:
- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti

Questa settimana scelgo: Un uomo di O. Fallaci 


La notte avevi fatto quel sogno. Un gabbiano volava nell'alba ed era un gabbiano bellissimo, con le penne d'argento.
Volava solo e deciso sulla città che dormiva, e sembrava che il cielo gli appartenesse quanto l'idea della vita. D'un tratto aveva virato in discesa, per tuffarsi a picco nel mare, aveva bucato il mare sollevando una fontana di luce, e la città s'era svegliata, piena di gioia perché da molto tempo non vedeva una luce.

domenica 15 febbraio 2015

Recensione: Sette anni nel tibet di H. Harrer

Cartaceo: 10.00€
Numeri primi: 12.00€
Pag:450/350


Trama: La vera storia di Heirich Harrer, l'alpinista austriaco evaso da un campo di concentramento inglese in India e rifugiatosi nel remoto Tibet, all'epoca vietato a tutti gli stranieri.
Harrer e sua Santità il Dalai Lama
















Voto: 

Mio parere: Ci troviamo agli inizi del libro con Harrer e agli uomini che devono partire per delle spedizioni come scalatori. Uno degli sport preferiti dall'protagonista. Ma appena arrivano in India vengono presi e messi dietro il filo spinato, perché siamo in piena Seconda guerra mondiale. Il campo non è un posto sofferente come spesso accade, si fa sport, si mangia, si sta in compagnia, si può passeggiare ma Harrer lo stesso decide che vuole andarsene in Tibet, la città proibita che lo attira molto, decide così di partire con un'altro militare Italiano. Riescono nella fuga, si allontanano un bel po' ma purtroppo vengono scoperti e presi, anche un po perché il suo compagno stava male. Ma Harrer non si arrende e ci prova una seconda volta e questa volta da solo ci riesce. Ad un certo punto si trova con degli ex compagni di prigionia tra cui Aufschnaiter e si mettono assieme a proseguire verso Lasha la capitale del Tibet. Passano i giorni e i mesi, passano molti campi nomadi dove le persone cordialmente li ospitano, li offrono perfino da mangiare e bere, conoscono le persone e i loro usi e costumi, passano dei freddi esagerati vestiti leggeri, solo molto più avanti indosseranno le Pellicce che si portano la su. In uno di questi campi viene donato loro un cane Tibetano (che non sono tanto docili), e che li seguirà per un lungo periodo. E poi per ben 5 volte avranno uno Yak che chiameranno sempre Armir, dove i primi 4 non sono proprio propensi a viaggiare con loro due. Arrivano in un posto dove alloggeranno per un bel po' e sempre chiederanno il permesso per arrivare in Tibet, ma non è facile entrare nella città proibita. Quando se ne vanno il cane rimarrà alle persone conosciute, così da poter riprendersi appieno. Faranno anche un incontro con dei briganti che per sola fortuna riusciranno a scapparne. Poi tra una peripezia ed un'altra alla fine entrano a Lasha, sul momento non saranno ben accolti, ma poi vedendo come sono trasandati, stanchi, sporchi e con i piedi gonfi tutti li aiuteranno a rimettersi in sesto, e alla fine restano lì per ben 7 anni, a fare alcuni lavori, a vedere le magnifiche feste, a migliorare di più il Tibetano. Lì incontrano anche la famiglia del Dalai Lama. Un fratello è anche lui una figura importante in Cina, un'altro un po' più grande e quello che fa la spola tra casa e il Potala le altre residenze di sua santità (o del Dio-Re). Anche qui i due si sentono molto bene, e fanno amicizia anche con il fratello del Dio-Re. Scoprono esserci anche una sorella minore, e poco dopo nascerà anche un'altro bimbo. Intanto il Dio-Re ha sentito molto parlare dei 2 e un giorno decide di convocare Harrer al Potala per farsi costruire un cinema, e da lì che nasce una bellissima amicizia tra i due, per quanto il Dio-Re fosse un adolescente era molto sveglio e saggio. Lì i due impareranno meglio l'inglese, parleranno di Geografia, vedranno film anche girati da Herrich, e faranno molte cose. Ma purtroppo nel '50 il tutto cessa, la Cina invade il Tibet e un sacco di persone trovano la morte, e il Dio-Re e costretto ad andarsene in India. Bellissimo libro, mi è piaciuto molto come del resto il film.Vale la pena secondo me leggerlo almeno una volta. Solo che come al solito ci sono cose che non esistono qui nel libro. Un po' mi da noia essendo una storia vera. Per citarne una: Avete presente quella scena iniziale dove Harrer sta per partire ed è con la moglie incinta? ebbene non è sposato Harrer (anche se Wikipedia) dice di sì che lo era nel periodo de Tibet, che ha avuto un figlio. Nel libro MAI parla della moglie, MAI di un figlio, anzi c'è un pezzo dove dice: Decidemmo di restare qui, tanto NON avevamo legami importanti in patria. Dovrebbe essere uno stolto uno che dice così, visto che risulterebbe sposato in quel periodo e divorziato quando torna a casa (non come nel film) e Harrer in tutto il libro non mi sembra uno sprovveduto, anzi manda delle lettere a casa, ma purtroppo nel Tibet la posta non era un gran che e non arrivavano subito. Se fosse stato sposato e con un figlio perché non dirlo? perché non scrivere loro?


sabato 14 febbraio 2015

Desiderium 61°

Qui metterò i libri che ho nella lista desideri (come la chiama Anobii) e che spero prima  o poi di poter leggere. Questa settimana per la rubrica scelgo... Il Gattopardo di G. Tommasi di Lampedusa

Trama: Siamo in Sicilia, all'epoca del tramonto borbonico: è di scena una famiglia della più alta aristocrazia isolana, colta nel momento rivelatore del trapasso di regime, mentre già incalzavano i tempi nuovi (dall'anno dell'impresa dei Mille di Garibaldi la storia si prolunga fino ai primordi del Novecento). Accentrato quasi interamente intorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, il romanzo, lirico e critico insieme, ben poco concede all'intreccio e al romanzesco tanto cari alla narrativa dell'Ottocento. L'immagine della Sicilia che invece ci offre è un'immagine viva, animata da uno spirito alacre e modernissimo, ampiamente consapevole della problematica storica, politica contemporanea.

Perché e nella lista: Vorrei provare a leggerlo e poi vederne il film. E' un grande classico della nostra letteratura e secondo me devo provare almeno a dargli una possibilità. Magari mi piace!

mercoledì 11 febbraio 2015

WwW Wendsday 58°

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martedì 10 febbraio 2015

Chi ben comincia 43°

Questa rubrica e stata inventata da Ale del blog Profumo dei libri.

Le poche regole della rubrica:
- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti

Questa settimana scelgo: Nel regno di Atlantide - Il principe di Atlantide di T. Stilton

Al Collage di Topford si erano appena conclusi gli
esami di metà anno e gli studenti approfittavano della
sospensione delle lezioni per una bella vacanza. Anche
le Tea Sisters erano ansiose di prendersi una pausa: il
primo semestre era stato piuttosto impegnativo e le
cinque amiche non vedevano l'ora di concedersi un po'
di meritato riposo. Le ragazze stavano facendo gli ultimi
preparativi per la partenza ed erano alle prese con zaini e
valigie. Tutte tranne Paulina, che se ne stava seduta
tranquillamente e guardava le altre affaccendarsi con i
bagagli.

martedì 3 febbraio 2015

Chi ben comincia 42°

Questa rubrica e stata inventata da Ale del blog Profumo dei libri.

Le poche regole della rubrica:
- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti

Questa settimana scelgo: La casa stregata di H.P. Lovecraft

Perfino negli orrori più spaventosi di rado manca l'ironia.
Talvolta essa entra direttamente nell'insieme degli avvenimenti,
mentre altre volte è legata soltanto alla posizione fortuita di
questi tra le persone e i luoghi. Il secondo tipo di ironia è
meravigliosamente esemplificato da un caso verificatosi
nell'antica cittadina di Providence. A Providence quarant'anni
fa, soggiornava spesso Edgar Alan Poe nel periodo del suo
sfortunato corteggiamento alla signora Whitman, la splendida
poetessa di cui era innamorato. Egli si fermava spesso alla
pensione Mansion in Benefit Street - precedentemente chiamata
La taverna della Palla D'oro.

domenica 1 febbraio 2015

Recensione: Le più belle fiabe dei fratelli Grimm di G. Stilton

Cartaceo: 15.50€
Pag: 224

Trama: In occasione del bicentenario dalla pubblicazione della raccolta "Fiabe", in cui i Fratelli Grimm hanno reso immortali le storie più intense della tradizione orale, arriva una stratopica raccolta di queste favole indimenticabili. Geronimo Stilton racconta ai giovani lettori cinque delle fiabe più famose tramandate dai due narratori tedeschi, adattandole alla simpatia e alla freschezza del suo stile narrativo e arricchendole con tante illustrazioni a colori nel classico stile Stilton.

Voto: 

Mio parere: In questo libro come già fa capire il titolo, troviamo alcune delle favole più famose dei due fratelli che sono: Cappuccetto rosso, Hansel e Gretel, Biancaneve e i sette nani, Il Principe Ranocchio e Raperonzolo. Ovviamente come in tutti i libri di Stilton, ci sono delle illustrazioni di alcune scene delle favole. Ho scoperto dei pezzi in più di alcune fiabe che in 24 anni non ne sapevo l'esistenza oppure sapevo che Hansel e Gretel per citarne una in una versione buttano le bricciole di pane nell'altra i sassi. Ma non ricordavo lo facessero assieme. Di un'altra sono certa di non saperla così. Mentre Biancaneve quando arriva nella casa dei Nani, si comporta e loro dopo come in Riccioli d'oro, mangia dal loro tavolo, e loro dicono più o meno le stesse frasi che dicono gli Orsi prima di scoprire la bambina. Ho capito che Cappuccetto mi piace molto meno adesso, non che non la ricordassi ma pensandoci bene, non mi piacerebbe raccontarla ad un mio eventuale figlio. Il fatto che il Lupo venga sempre visto male in queste storie mi dispiace parecchio, per quanto io ami i Lupi pur avendo semrpe letto e ascoltato queste fiabe, non mi sembrano proprio bei racconti avvolte, capisco la morale che in realtà nascondono, però dubito che a 3 anni ci arrivi. Decisamente meglio le Fiabe di Beda il Bardo di alcune dei Grimm. Però non si può non averla questa versione se amate Stilton.