domenica 15 febbraio 2015

Recensione: Sette anni nel tibet di H. Harrer

Cartaceo: 10.00€
Numeri primi: 12.00€
Pag:450/350


Trama: La vera storia di Heirich Harrer, l'alpinista austriaco evaso da un campo di concentramento inglese in India e rifugiatosi nel remoto Tibet, all'epoca vietato a tutti gli stranieri.
Harrer e sua Santità il Dalai Lama
















Voto: 

Mio parere: Ci troviamo agli inizi del libro con Harrer e agli uomini che devono partire per delle spedizioni come scalatori. Uno degli sport preferiti dall'protagonista. Ma appena arrivano in India vengono presi e messi dietro il filo spinato, perché siamo in piena Seconda guerra mondiale. Il campo non è un posto sofferente come spesso accade, si fa sport, si mangia, si sta in compagnia, si può passeggiare ma Harrer lo stesso decide che vuole andarsene in Tibet, la città proibita che lo attira molto, decide così di partire con un'altro militare Italiano. Riescono nella fuga, si allontanano un bel po' ma purtroppo vengono scoperti e presi, anche un po perché il suo compagno stava male. Ma Harrer non si arrende e ci prova una seconda volta e questa volta da solo ci riesce. Ad un certo punto si trova con degli ex compagni di prigionia tra cui Aufschnaiter e si mettono assieme a proseguire verso Lasha la capitale del Tibet. Passano i giorni e i mesi, passano molti campi nomadi dove le persone cordialmente li ospitano, li offrono perfino da mangiare e bere, conoscono le persone e i loro usi e costumi, passano dei freddi esagerati vestiti leggeri, solo molto più avanti indosseranno le Pellicce che si portano la su. In uno di questi campi viene donato loro un cane Tibetano (che non sono tanto docili), e che li seguirà per un lungo periodo. E poi per ben 5 volte avranno uno Yak che chiameranno sempre Armir, dove i primi 4 non sono proprio propensi a viaggiare con loro due. Arrivano in un posto dove alloggeranno per un bel po' e sempre chiederanno il permesso per arrivare in Tibet, ma non è facile entrare nella città proibita. Quando se ne vanno il cane rimarrà alle persone conosciute, così da poter riprendersi appieno. Faranno anche un incontro con dei briganti che per sola fortuna riusciranno a scapparne. Poi tra una peripezia ed un'altra alla fine entrano a Lasha, sul momento non saranno ben accolti, ma poi vedendo come sono trasandati, stanchi, sporchi e con i piedi gonfi tutti li aiuteranno a rimettersi in sesto, e alla fine restano lì per ben 7 anni, a fare alcuni lavori, a vedere le magnifiche feste, a migliorare di più il Tibetano. Lì incontrano anche la famiglia del Dalai Lama. Un fratello è anche lui una figura importante in Cina, un'altro un po' più grande e quello che fa la spola tra casa e il Potala le altre residenze di sua santità (o del Dio-Re). Anche qui i due si sentono molto bene, e fanno amicizia anche con il fratello del Dio-Re. Scoprono esserci anche una sorella minore, e poco dopo nascerà anche un'altro bimbo. Intanto il Dio-Re ha sentito molto parlare dei 2 e un giorno decide di convocare Harrer al Potala per farsi costruire un cinema, e da lì che nasce una bellissima amicizia tra i due, per quanto il Dio-Re fosse un adolescente era molto sveglio e saggio. Lì i due impareranno meglio l'inglese, parleranno di Geografia, vedranno film anche girati da Herrich, e faranno molte cose. Ma purtroppo nel '50 il tutto cessa, la Cina invade il Tibet e un sacco di persone trovano la morte, e il Dio-Re e costretto ad andarsene in India. Bellissimo libro, mi è piaciuto molto come del resto il film.Vale la pena secondo me leggerlo almeno una volta. Solo che come al solito ci sono cose che non esistono qui nel libro. Un po' mi da noia essendo una storia vera. Per citarne una: Avete presente quella scena iniziale dove Harrer sta per partire ed è con la moglie incinta? ebbene non è sposato Harrer (anche se Wikipedia) dice di sì che lo era nel periodo de Tibet, che ha avuto un figlio. Nel libro MAI parla della moglie, MAI di un figlio, anzi c'è un pezzo dove dice: Decidemmo di restare qui, tanto NON avevamo legami importanti in patria. Dovrebbe essere uno stolto uno che dice così, visto che risulterebbe sposato in quel periodo e divorziato quando torna a casa (non come nel film) e Harrer in tutto il libro non mi sembra uno sprovveduto, anzi manda delle lettere a casa, ma purtroppo nel Tibet la posta non era un gran che e non arrivavano subito. Se fosse stato sposato e con un figlio perché non dirlo? perché non scrivere loro?


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